Calcio

Addio Enrico Catuzzi

Christian Montanaro
Rivoluzionò il calcio italiano
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Un banale infarto lo ha portato via, in punta di piedi, quasi senza scomodare. Un po’ come aveva vissuto la sua vita, con dignità e riservatezza, tra poche luci e molta oscurità.
Con la morte di Enrico Catuzzi se ne va un pezzo della storia calcistica del Bari.
Nel calcio pochi uomini riescono a non farsi discutere, ed Enrico Catuzzi era tra questi.
Si poteva discernere se fosse un allenatore da serie A o da serie B, se le sue squadre, un po’ sul modello di quelle di Zdenek Zeman, arrivassero un po’ spremute alla fine della stagione, o su altro ancora, ma di sicuro non se ne metteva mai in discussione la preparazione e l’umanità.

Ad attestarlo sono state le tante testimonianze giunte nell’immediatezza della triste notizia da società, staff tecnico e giocatori. Catuzzi era uno zonista convinto, di quelli che hanno fatto epoca. Come Sacchi, Maifredi, Zeman, Galeone. Più di loro, se vogliamo. Catuzzi è stato colui che ha “importato” certi concetti, come ripartenze, sovrapposizioni, diagonale, che poi qualche anno dopo hanno trovato maggior credito anche per via di un diverso modo da parte dei telecronisti di “parlare” il calcio.

Ma lui era arrivato a quei concetti prima degli altri, e gliene va dato atto. Come dimenticare la coppia di fluidificanti, Frappampina a destra e Armenise a sinistra, quando i tatticismi italiani contemplavano un solo fluidificante, di solito a sinistra (i vari Cabrini e Nela per esempio) nelle economie di un incontro ?
Tassotti e Maldini nel Milan di Arrigo Sacchi fecero la stessa cosa, solo che appunto era il Milan di Sacchi, quello formato da Van Basten e Gullit, e non certo quella squadra composta dai Terracenere e i Giovanni Loseto.

Catuzzi rivoluzionò il modo di intendere il calcio, ma lo fece in un periodo storico in cui il calcio non permetteva, se non a chi allenava grandi formazioni, di lasciarsi innovare. Più avanti nel tempo le cose sarebbero cambiate, ed un Orrico, per dirne una, portando concetti simili, sarebbe passato dalla Lucchese ad allenare l’Inter, forte di un vento più favorevole alle novità. A Catuzzi quest’occasione non fu mai regalata. Non allenò mai un’Inter, una Juventus o un Milan. Allenò squadre come Bari e Foggia, simpatiche sì, ma non attrezzate all’epoca al punto tale da dominare i campionati in cui militavano.

Eppure Catuzzi, con le poche risorse che aveva, riuscì ugualmente a far diventare molti giovani degli uomini “con le palle” in campo. I vari Terracenere e Giusto, per ricordarne alcuni, sono in fondo sue creazioni.
Un personale ricordo di chi scrive è del Bari di serie B targato Rideout, il centravanti inglese che nel 1986 fu acquistato dal Bari insieme a Gordon Cowans, ben più rinomato regista britannico proveniente dall’Aston Villa. I movimenti che Rideout faceva all’epoca non erano quelli del tipico centravanti italiano, ma di un centravanti boa che retrocedeva per favorire con le sue sponde gli inserimenti dei laterali, che si chiamassero questi ultimi Brondi, Perrone, Cuccovillo, Maiellaro poco importava. Ciò che contava era che ogni giocatore fosse un ingranaggio del meccanismo tattico che si sfoggiava in campo, che faceva della squadra di club un collettivo non più affidato esclusivamente ai colpi di magia dei singoli interpreti.

Concetti che ancora oggi sono in auge, ma che a quei tempi erano ampiamente sottovalutati. Onore al merito di Enrico Catuzzi, dunque, uomo prim’ancora che allenatore. Mister che rivoluzionò il calcio italiano, senza essere apprezzato nella giusta misura, e che, chissà, forse adesso starà imparando altri schemi davvero  "celestiali". Da insegnare lassù tra i verdi pascoli.

giovedì 30 Novembre 2006

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