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Dalla Campania a Bari a piedi, nel nome di San Nicola

Elena Albanese
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Cammino di San Nicola
Una ventina di pellegrini tra i 14 e i 70 anni in viaggio da Fragneto Monforte, in provincia di Benevento, fino alla Basilica che custodisce le spoglie del Vescovo di Myra
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Fragneto Monforte è un paesino con poco meno di 2mila abitanti in provincia di Benevento, il cui patrono è l’ineguagliabile San Nicola sin dal ‘900 dopo Cristo, grazie a una comunità bizantina che lì si era insediata. Il culto si strutturò poi in maniera più solida nel 1600.

I fragnetani sono molto devoti al Vescovo di Myra («qui la festa inizia 1° gennaio e finisce il 31 dicembre», ci dicono), le cui spoglie riposano, come sappiamo, a Bari. Ed è per questo che, da 13 anni a questa parte, compiono un pellegrinaggio a piedi che dura cinque giorni e, attraverso la Campania e la Puglia, li porta direttamente nella Basilica del capoluogo per la celebrazione della messa.

L’iniziativa nasce diverso tempo fa, precisamente nel 2006, fortemente voluta da Nino Capobianco, supportato tecnicamente nella realizzazione del geologo Roberto Pellino, responsabile dei Lerkaminerka, e dagli appassionati del gruppo folk La Takkarata.

Il loro “Cammino di San Nicola” si basa sulla descrizione dei pellegrinaggi che si svolgevano all’inizio del 1800 e nei secoli precedenti. «In particolare leggendo il diario di Francesco Saverio Sorda del 1833 (egli era sindaco in carica e farmacista del paese all’epoca), mi sono appassionato all’idea di rivisitarne il percorso e le orme – ci racconta Capobianco -. Abbiamo fatto molti sopralluoghi il primo anno nei mesi invernali, concretizzando poi il tutto a fine giugno».

174 chilometri è la strada “breve” e i luoghi sono sempre gli stessi. I nostri sono partiti ieri e stanno attraversando città e percorrendo la via Traiana e i tratturi di campagna. La prima tappa li ha portati a Faeto, in provincia di Foggia; da lì, lungo l’Appennino Dauno, si stanno spostando verso Ordona e Stornarella.

Domani proseguiranno fino a Canosa di Puglia, con la visita alla Cattedrale san Sabino; sabato passeranno da Corato, con una tappa a Castel del Monte nelle ore più calde, e sosteranno per la notte a Ruvo di Puglia, nel palazzetto di via Alessandro Volta, messo a disposizione per loro come di consueto dal Comune. «Abbiamo riscontrato grande attenzione, solidarietà, ospitalità di tutte le comunità attraversate – prosegue Capobianco -. A Ruvo ricordo il professor Giuseppe Tedone, che quando era presidente della Pro Loco ci aprì le porte. L’allora assessore Salvatore Lovino completò l’opera di accoglienza. Ancora oggi ci segue; e ancora oggi, l’Amministrazione, attraverso le dirigenze preposte, si interessa alla cortese ospitalità con grande disponibilità».

Domenica, infine, costeggiando il territorio di Terlizzi, si sposteranno a Bitonto e infine a Bari, dove saranno raggiunti da altri numerosi altri fedeli fragnetani giunti in bus e riceveranno dai padri domenicani un’ampolla della manna di san Nicola.

Chiedo in quanti siano ad affrontare la sfida. «In media, ogni anno siamo una ventina, con un furgone a seguito che trasporta masserizie e materie prime e un’auto berlina. Negli anni passati abbiamo avuto camminatori dalla Spagna, dall’Ungheria, persino un giovane dalla Nuova Zelanda</strong>; quindi da Milano, Roma, Como e da Palermo, città da cui, ogni anno, partecipa una rappresentanza della comunità di Madre Antonina Cataldo.

L’età quest’anno va dai 14 ai 70 anni. Vi sono quattro donne, tra cui la 14enne. Per quanto riguarda l’alloggio, considerato che i Comuni di Stornarella, Canosa e Ruvo di Puglia offrono palestre o palazzetti, siamo attrezzati con materassi leggeri a terra. Camminiamo senza pesi, in quanto gli zaini sono nel furgone che segue a ruota e porta anche l’indispensabile acqua. Siamo i cosiddetti “peones”. Chi invece vuole andare in albergo, viene a sera accompagnato e ripreso la mattina. Ma le assicuro che dormire a terra è una goduria!».

La giornata tipo prevede «la partenza alle 6 del mattino e camminata fino alle 11, per circa 20 chilometri. Si riprende il pomeriggio verso le 16 col fresco fino alle 19, percorrendo un’altra decina di chilometri e giungendo alla fine della tappa. Alla sosta di mezzogiorno ci si ferma in posti prestabiliti, che nel percorso annuale sono sempre gli stessi; si consuma la colazione a sacco e si recita l’Angelus. Abbiamo con noi sempre dei suonatori di organetto, chitarra e fisarmonica. C’è chi si riposa e chi ascolta musica tradizionale.

A sera si scaricano i bagagli e ci si sistema negli alloggi previsti. Il secondo giorno il Comune di Stornarella, a volte la Caritas, offrono la cena; così la Pro Loco di Canosa il terzo giorno».

Un impegno niente male, insomma. Quanto “pesa” portarlo a termine? «La fatica si avverte soprattutto il primo giorno per percorrere ben 45 chilometri sotto il sole cocente delle colline tra l’Irpinia e la Daunia, con molte salite. Fortuna vuole che le forze sono ancora fresche e anche perché già dal secondo giorno si scende nel Tavoliere e restiamo in pianura sino a Bari», ci spiega Capobianco.

Ogni cinque anni il percorso standard viene sostituito da quello “lungo”, per la cui percorrenza servono invece ben otto giorni. «Il secondo si transita per Troia e si raggiunge Segezia, il terzo, bypassando Foggia, ci si sposta con i mezzi alla Pedemontana Garganica sotto San Marco in Lamis. Si sale attraverso il tratturo fino a Borgo Celano. Da qui ci si dirige sino a San Giovanni Rotondo, con la visita al santuario della Madonna delle Grazie, la nuova chiesa e la tomba di San Pio. Si riprende per Monte Sant’Angelo; il quinto giorno si arriva a Siponto, poi a Mezzanone e Borgomezzo. Da qui si raggiunge Eridonia e si prosegue per Stornarella, riprendendo il percorso tradizionale annuale».

La domanda è d’obbligo. Chi ve lo fa fare? Oltre alla millenaria devozione al Santo, si incrociano innumerevoli motivazioni religiose, psicologiche, ambientaliste, sociali e sportive. «Ci si mette in discussione; si organizza l’obiettivo, e per esso ci si attiva anche nel sacrificio fisico e psichico, incrociando tale sforzo con formule di rilassamento differenziale che producono determinazione, abilità di autocontrollo e di autoregolazione, abilità di problem solving e maggiore autostima».

Inoltre è bello «conoscere gente e territori nuovi, fare esperienze diverse in un ritmo incalzante d’interazioni che rappresentano un’esigenza primaria dell’agire umano». Obiettivo è anche «la ricerca di nuovi sentieri e nuove storie da raccontare. Lo spirito libero, l’entusiasmo di stare insieme nella natura, tra fatica e divertimento».

Chiedo infine qual è il tratto più suggestivo del percorso o quello a cui sono più legati. «Mi preme citare la via del sale tra Casalbore e Le Malvizze nel Comune di Montecalvo Irpino fino alla masseria delle Tre fontane, il Comune di Greci in provincia di Avellino, la zona a sud di Troia e l’Appia Traiana tra Ruvo e Bitonto, messa però in pessime condizioni!», risponde Capobianco.

I luoghi legati alla devozione e tradizione restano le chiese e le cattedrali, con a capo il santuario di San Michele sul Gargano, padre Pio con San Giovanni Rotondo e a chiusura la Basilica di San Nicola con la grotta delle spoglie del Gran Santo». E non poteva essere altrimenti.

giovedì 12 Luglio 2018

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