Arte Povera a Bari
In mostra 14 opere nel Teatro Margherita
Il ruolo di Germano Celant è legato al movimento dell’Arte Povera che risale al 1967, anno in cui Flash Art pubblicò l’articolo manifesto, che annunciava il rifiuto dell’artista verso ogni forma di etichetta per identificarsi solo con sé stesso. Con l’Arte Povera si azzera completamente il modo di dipingere, di fare arte in maniera da ridurre i segni ai loro archetipi. La tela prima di essere utilizzata è già linguaggio. La scultura prima di essere realizzata, è pietra che deve essere tagliata e trasportata. Il quadro è importante quanto il retro del quadro. Mario Merz chiedeva ai collezionisti di restituirgli i quadri, per poi ridipingerli e dare ad essi una nuova vita. Il pappagallo di Jannis Kounellis è vivo, la lastra dietro al pappagallo è dello stesso colore della compagnia telefonica ITT. L’animale fa riferimento alla rivoluzione latino-americana, morde, può volare. Esso rappresenta la situazione della cultura del luogo e la necessità di mangiare tornando sempre nello stesso posto. L’ITT è morta, il pappagallo è ancora vivo. Quest’arte ha tutto un discorso incentrato sulla simbologia. Questo è fondamentale per capire il meccanismo dell’Arte Povera. Il concetto che l’oggetto d’arte sia autonomo si radica progressivamente. Nondimeno si tratta di un tipo di arte che necessita di grandi spazi. Infatti dopo gli anni Sessanta, i musei non riescono a presentare più nulla a causa di un problema di scala ed emerge la necessità di trovare dei luoghi, che possano fornire una spazialità nuova in cui operare e in cui adattarsi. La mostra di Bari rappresenta un’integrazione fra materiali ed architettura. Il materiale viene inserito in una dialettica attiva, in cui l’oggetto assume un ruolo estremamente performante.
Il gruppo di opere che si relaziona con l’architettura grezza del Teatro è “perfettamente in sintonia con l’idea di rovina e con un luogo pieno di richiami storici” – dichiara ancora Celant. Esso è costituito dalla scultura di Giovanni Anselmo, composta da una tela e da due grandi pietre, dalla Mappa di Alighiero Boetti, dalla parete ghiacciata di Pier Paolo Calzolari, dalla scultura in ferro di Luciano Fabbro, da un igloo di pietra e da i Numeri di Fibonacci di Marisa Merz, da un’installazione composta da un quadro e da frammenti di calchi in gesso di Giulio Paolini, da un grande cetaceo di Pino Pascali, due alberi alti 5 metri di Giuseppe Penone, da una gigantesca sfera di carta di Michelangelo Pistoletto, da un catalogo di Emilio Prini e da una canoa con sibilo di Gilberto Zorio. Di questo contesto fa già parte l’opera di Kounellis consistente in dodici sacchi di carbone in cui sono piantate altrettante lastre di ferro e putrelle che arrivano a toccare il soffitto del teatro. L’intera operazione, per l’ampiezza dei contenuti e per il numero delle istituzioni coinvolte, rappresenta il progetto espositivo più importante mai realizzato su un movimento chiave dell’arte contemporanea italiana.
“Questa mostra sembra rappresenti l’Unità d’Italia. Abbiamo lavorato tutti per questo paese che abbiamo amato.“- dice Jannis Kounellis – “Questo è l’aspetto più bello”.
Arte Povera in Teatro
a cura di Germano Celant e Antonella Soldaini
Teatro Margherita, Bari
15 dicembre 2011 – 11 marzo 2012
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