Cultura

“Anello” di Francesco Arena in mostra nel Parco Archeologico del Colosseo

La Redazione
L'opera è vincitrice del bando del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. La sua realizzazione in un film con le musiche di Davide Viterbo, che sarà presentato in autunno aIl'Istituto Italiano di Cultura di Barcellona
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Un altro risultato di prestigio per Francesco Arena, artista cassanese d’adozione.

Il 25 giugno a Roma sarà presentata “Anello”, la sua ultima opera, realizzata per il Parco Archeologico del Colosseo.

L’opera – un anello di bronzo giallo spesso 20 centimetri, alto 50 e di 410 centimetri di diametro, esternamente opaco e internamente lucidato a specchio – è risultata tra i progetti vincitori del V Bando “Italian Council”, concorso ideato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le attività Culturali.

Questo bando serve a sostenere la produzione di opere di notevole impegno economico che vengono accolte nella collezione di un ente pubblico.

Il Parco Archeologico del Colosseo come ente si è fatto carico di presentare il progetto al bando dell’”Italian Council”: quest’opera è la prima di un artista contemporaneo che entra permanentemente nel Parco Archeologico del Colosseo, il sito italiano più visitato ogni anno con 7.554.544 accessi solo nel 2019.

Ma c’è di più.

Tutta la realizzazione dell’opera avvenuta a Milano, nella stFonderia Battaglia, e la sua messa in posa a Roma che avverrà martedì prossimo, saranno documentate da un film del regista di documentari sull’arte Domenico Palma, accompagnato da musiche originali composte dal musicista pugliese Davide Viterbo, altro valente artista che risiede da molti anni qui a Cassano.

Il film sarà presentato in autunno all’Istituto Italiano di Cultura di Barcellona, ente partner del progetto.

L’opera ha inciso al suo interno la frase “THE VERY STONE ONE KICKS WITH ONE’S BOOT WILL OUTLAST SHAKESPEARE” (La stessa pietra che calci con lo stivale sopravvivrà a Shakespeare).

«La frase – spiega Francesco Arena – è tratta da To the Lighthouse di Virginia Woolf. Nella frase la scrittrice sintetizza meravigliosamente il nostro rapporto con le cose che ci circondano e che esistono da prima di noi e a noi sopravvivranno, la stratificazione del tempo e la moltitudine di tempi esistenti, il tempo dell’uomo uguale a una manciata di decenni e il tempo della pietra fatto di ere; nella frase è per me evidente il rapporto che abbiamo con le cose inanimate e che “usiamo” quotidianamente, appunto una pietra a cui diamo un calcio, apparentemente un oggetto senza alcuna importanza ma che testimonia con il suo resistere nel tempo l’indifferenza della natura nei confronti del nostro passaggio, anche quando questo trasforma una pietra in una statua o in architettura destinata inevitabilmente col tempo a divenire rovina e nuovamente pietra».

L’opera è pensata per essere installata in modo che circondi un reperto realizzato in pietra, un capitello, la base di una Colonna i resti di una statua ecc. L’interno riflettente della scultura assorbe quello che è al suo interno specchiandola su tutta la sua superfice e mischiandolo con la frase di Virginia Woolf.

mercoledì 17 Giugno 2020

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