La testimonianza

Scontro treni, parla il capostazione di Andria: «Anch’io vittima dell’azienda»

La Redazione
Vito Piccarreta ha reso dichiarazioni spontanee durante il processo
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«Il mio primo pensiero è rivolto alle vittime e ai loro parenti, a cui penso ogni istante, a cui esprimo vicinanza. Sono accanto a voi e anch’io sono vittima di un’azienda che non ha fattonulla per impedire quello che è successo».

Lo ha detto Vito Piccarreta, il capostazione di Andria imputato per lo scontro tra treni che il 12 luglio 2016 provocò 23 morti e 51 feriti lungo la tratta Andria-Corato di Ferrotramviaria, questa mattina durante il processo in corso nell’aula bunker del carcere, rendendo spontanee dichiarazioni. Per lui l’accusa ha ritenuto non congruo il patteggiamento richiesto dal suo avvocato, Leonardo De Cesare, a 4 anni e mezzo di reclusione. Piccarreta è apparso commosso durante la lettura delle dichiarazioni e lo erano anche molti dei parenti delle vittime presenti in aula, rimasti in silenzio ad ascoltare quanto l’ormai ex capostazione aveva da dire. E ha ripercorso la sua carriera nella Ferrotramviaria per la quale ha lavorato 34 anni, dal momento che «da circa 3 anni sono sospeso – ha detto lui stesso – dal servizio in base al regio decreto».

Le accuse di Piccarreta a Ferrotramviaria. «Dopo il tragico incidente, l’azienda ha deciso di voltarmi le spalle dal primo momento, si è voluta scrollare qualsiasi tipo di responsabilità puntando il dito contro un uomo che quella mattina stava svolgendo il suo lavoro come ogni giorno da 34 anni», ha detto. «Da parte di Ferrovia Bari Nord ho ricevuto solo disinteresse e abbandono, mai nessuno mi ha chiamato per un supporto», ha aggiunto. «Sono stato assalito dai giornalisti che hanno invaso la privacy della mia famiglia, traumatizzandola fortemente».

Vito Piccarreta ha puntato, poi, il dito contro la politica aziendale “cambiata radicalmente” dalla sua assunzione fino al giorno del tragico incidente. «Inizialmente – ha spiegato – in linea circolavano tra treni pari e dispari circa 42 treni. Nell’ultimo decennio, a causa di politiche di profitto aziendale, – ha detto – il traffico è aumentato esponenzialmente ma non la messa in sicurezza di alcune tratte, tra cui la tratta Ruvo-Barletta centrale. Sarebbe bastato che l’azienda – ha rimarcato Piccarretta – avesse risposto alle logiche di messa in sicurezza della tratta investendo i soldi stanziati dalla Regione e presenti in bilancio in sistemi di sicurezza, piuttosto che continuare una politica di profitto che è sfociata con l’acquisto di nuovi treni e con l’aumento del traffico ferroviario».

Il racconto del giorno dell’incidente. Piccarreta è poi passato al racconto di quanto accaduto il giorno dell’incidente «in cui – ha precisato – oltre a degli innocenti hanno perso la vita anche dei carissimi colleghi». Secondo la sua ricostruzione, sulla linea c’erano treni in ritardo per via del tranciamento di alcuni cavi provocati da un mezzo di lavoro di un’azienda appaltatrice. Piccarreta ha anche spiegato che «normalmente quando il treno pari subiva un forte ritardo, il dirigente centrale (dcc) solitamente disponeva lo spostamento di incrocio nella stazione di Corato, per evitare che i treni dispari passanti per l’aeroporto subissero ritardi».

Nella ricostruzione di Piccarreta c’è anche il cambio turno tra il capostazione e l’addetto manovra e scambi di Andria, con un foglio di corsa stampato al pc (dal collega che lasciava il servizio) con la dicitura sbagliata del treno (ET1704 anziché ET1016). «In questi attimi di confusione – ha raccontato ancora Piccarreta – giungeva sul primo binario il treno ET1642. Così formulavo le partenze ai due treni 1021 per Corato e 1016 bis per Barletta centrale». «Il capotreno dell’ET 1021 (Nicola Lorizzo, l’unico sopravvissuto e imputato nel processo, ndr) mi dava il pronti senza rendersi conto – ha detto – che il treno ET1016 previsto in orario sul suo foglio di corsa non era ancora giunto nella stazione di Andria per l’avanzamento a Corato; su quel foglio di corsa era previsto ad Andria l’incrocio in orario tra il treno ET1021 e l’ET1016». Di quanto accaduto Piccarreta non si è potuto nemmeno rendere conto, se non dopo. «Dopo la partenza del treno – ha raccontato tra la commozione sua e dei parenti delle vittime presenti in aula – mi attardavo a entrare nell’ufficio movimento, sentivo bussare alla porta dell’ufficio. Era una signora, la quale mi informava che sulla tratta Andria-Corato era accaduto un incidente. Incredulo ed esterrefatto cercai di comunicare con i due capotreni (ET1021 ed ET1016), purtroppo senza avere alcun tipo di riscontro».

La politica dell’azienda secondo Piccarreta. «Nonostante la riconoscenza che ho sempre provato – ha continuato – nei confronti dell’azienda per la quale ho sempre lavorato, provo un sentimento negativo. Posso dire che con la loro negligenza hanno distrutto la vita di altre persone ma anche la mia. Non si sono preoccupati minimante delle conseguenze provocate a tutti per le scelte di profitto». «Hanno investito sull’acquisto di elettrotreni da milioni di euro – ha ribadito l’uomo, che da quasi tre anni è sospeso dal lavoro – per farli viaggiare su binari privi di meccanismi di sicurezza. O viceversa far viaggiare treni del tipo l’ELT210 cioè il treno ET1021 privo di sistema gps, quindi impossibile da visualizzare sul visonaltrain in dotazione nelle stazioni e nella postazione del dcc (dirigente centrale)».

Piccarreta ha puntato di nuovo il dito contro l’azienda che «ha acquistato gli elettrotreni – ha detto – senza adeguare la struttura dei marciapiedi nelle stazioni, provocando le cadute dei viaggiatori, soprattutto degli anziani» e «che utilizza ancora come mezzo di comunicazione cellulari gsm o il telefono trucco quasi sempre in avaria, vedi segnalazioni su modello M7online. L’azienda – ha aggiunto – che non si è preoccupata di farci fare corsi di aggiornamento periodici e di verificare che effettivamente l’Ustif nelle sue visite periodiche simulasse con l’occupazione dei circuiti di binario la preparazione dei capistazione».

Il capostazione di Andria ha concluso che l’azienda ha emesso «il 18 luglio 2016, solo sei giorni dopo il disastro, l’ordine di servizio in cui esponeva la temporanea modifica degli adempimenti dell’esercizio del distanziamento con il blocco telefonico». «Se solo lo avesse emesso prima, questo tragico incidente si sarebbe potuto evitare – ha rimarcato – come anche tutti gli altri, per fortuna, mancati incidenti».

mercoledì 18 Settembre 2019

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