Resta agli arresti domiciliari l’ex
giudice barese del Consiglio di Stato Francesco Bellomo,
arrestato lo scorso 9 luglio per presunti maltrattamenti su
quattro donne, tre ex borsiste e una ricercatrice della sua
Scuola di Formazione per la preparazione al concorso in
magistratura, ed estorsione ad un’altra ex corsista per averla
costretta a lasciare il lavoro in una emittente locale.
Il gip
Antonella Cafagna, che dieci giorni fa aveva firmato l’ordine di
arresto e dinanzi alla quale martedì scorso Bellomo ha respinto
le accuse in quasi 9 ore di interrogatorio, ha rigettato
l’istanza di revoca della misura cautelare fatta dai difensori,
Beniamino Migliucci e Gianluca D’Oria che hanno già presentato
ricorso al Tribunale del Riesame.
Bellomo avrebbe vessato alcune
corsiste della sua Scuola in cambio di borse di studio. Alle
donne, con le quali aveva anche relazioni intime, avrebbe
imposto rigidi codici di comportamento e dress code, fino a
controllarne profili social e frequentazioni.
Alla Procura di Milano però la pensano diversamente sui fatti contestati a Bellomo e non si tratta evidentemente di opinionisti o di “giuristi per caso” che di questi hanno parlato spesso a sproposito.
Infatti, secondo i pm di Milano (se ne discuterà a settembre davanti al Gip) Bellomo faceva sì richieste che non avevano a che fare con lo studio (telefonate a tarda ora e mail) ma “non può ritenersi che le stesse valgano ad integrare una condotta abituale di molestia e minaccia”.
Mi pare un approccio molto più razionale ai fatti.