Cultura

“What we once where”, l’arte esplora l’infanzia

La Redazione
Nella galleria Muratcentoventidue espongono Rita Casdia, Cristiano De Gaetano, Elisabetta Di Sopra, Lello Gelao, Kaia Hugin, Kaja Leijon, Cristina Pavesi. Fino al 10 marzo
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Sarà visitabile sino al 10 marzo, nella galleria Muratcentoventidue-Artecontemporanea, What we once where, mostra collettiva. Espongono: Rita Casdia, Cristiano De Gaetano, Elisabetta Di Sopra, Lello Gelao, Kaia Hugin, Kaja Leijon, Cristina Pavesi.

L’esposizione è stata inaugurata sabato negli spazi di via G. Murat 122/b, a Bari.

What we once where propone un originale confronto fra opere che attraverso linguaggi diversi, affrontano un tema comune, quello dell’infanzia, rappresentando lo spirito, la vulnerabilità, la giocosità, l’imprevedibilità, l’irrequietezza e la dignità dei bambini.

Gli artisti
Rita Casdia indaga, attraverso diversi mezzi espressivi come la video animazione, ma anche il disegno e la scultura, mondi emozionali a metà tra sogno e realtà, rivolgendo la sua attenzione principalmente ai meccanismi elementari dei sentimenti umani, con uno sguardo attento alle dinamiche generate dai legami affettivi e dalla sessualità.

La ricerca artistica di Elisabetta Di Sopra si esprime in particolar modo attraverso l’uso del linguaggio video per indagare sulle dinamiche più sensibili della quotidianità e delle sue microstorie inespresse, dove il corpo femminile assume spesso un ruolo centrale perché custode di una memoria e di un suo linguaggio espressivo. Ci sono due nuclei fondamentali all’interno della sua pratica, uno incentrato sul rapporto tra corpo e materia, l’altro su corpo e memoria, corrispondenti rispettivamente alla sua prima e seconda produzione video.

È presente in mostra un lavoro di Cristiano De Gaetano, uno dei talenti più interessanti delle nuove generazioni di artisti pugliesi, precocemente scomparso nel 2013, cui il museo Pascali ha reso recentemente omaggio attraverso una mostra antologica.

La ricerca di Lello Gelao insiste da qualche anno sul tema del ritratto attraverso una figurazione essenziale e intensa, grazie anche alla sua attenzione ai mass media e alla fotografia. Le sue figure, stagliate su fondali anonimi, impercettibili, set senza tempo né spazio, sono immagini nitide, luminose, dagli intensissimi piani di colore, rese in una particolare prospettiva bidimensionale e private di ogni connotazione sentimentale, ma che riescono a comunicare una profonda risonanza psicologica.

Con i suoi video e le sue fotografie, l’artista norvegese Kaja Leijon mette in discussione la nostra percezione del mondo reale, ed esplora il confine tra realtà e immaginazione. L’artista riflette su come concezioni preconcette possano influenzare il nostro modo di vedere e interpretare ciò che ci circonda.

Kaia Hugin, esplorando in maniera trasversale la danza, la performance e la video arte, lavora dal 2008 a una serie di video intitolata Motholic Mobbles, una riflessione su temi esistenziali attraverso l’esplorazione del movimento e dello spazio. Nelle sue performance, la Hugin cerca di comprendere quelle esperienze corporee che facciamo nei nostri sogni, non nel senso di voler narrare un sogno, ma piuttosto di indagare situazioni che si pongono al confine fra razionale e irrazionale.

I video di Cristina Pavesi fanno riferimento alla storia dell’arte, ai generi classici del paesaggio e della natura morta, con l’aggiunta del senso di ciclicità inevitabile della vita. Il procedimento è filosofico, perché ricerca la conoscenza di se stessi e del mondo attraverso corte metafore visive, brevi riflessioni di pensiero del quale l’immagine si fa interprete. La natura morta costruita in studio si ricollega alla pittura antica.

Informazioni
La mostra sarà visitabile dal martedì al sabato, dalle 17 alle 20.

Informazioni ai numeri 334 8714094 e 392 5985840

lunedì 29 Gennaio 2018

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