- “Cicco e Cecca”
Poesie, racconti, canzoni popolari, filastrocche, motti, soprannomi.
Cicco e Cecca, marito e moglie, avevano cresciuto “nu àine” (un agnello). Si avvicina va la S. Pasqua per cui pensarono di andare da una delle loro tre figlie e di mangiarlo insieme. Andarono dalla figlia maggiore, trovarono che non sapeva crescere la sua figlioletta, litigarono e Cicco disse: “Cecca, piqghje u aine e sciamaninne” (Cecca prendi l’agnello e andiamocene). Andarono dalla seconda figlia, trovarono che aveva la casa sporca, litigarono e Cicco disse: “Cecca, piqghje u aine e sciamaninne”. Andarono infine dalla figlia minore, trovarono che aveva i diavoli “inde alla logne de re d’ùogghje” (nel recipiente di terracotta pieno di olio), (erano invece le loro stesse ombre), litigarono, presero l’agnello e tornarono alla loro casa.
Era il giorno di Pasqua, uccisero l’agnello, lo cucinarono e stavano per mettersi a tavola quando pensarono di non avere gli stuzzicadenti, non potevano mangiare la carne senza “le scarvuttadìende” e dissero: “sciame fore a falle” (andiamo in campagna a prenderli - steli di erba secca). Lasciarono l’agnello nel piatto, chiusero la porta, misero la chiave nel buco vicino, avvisarono di ciò la vicina di casa e partirono. Subito dopo, la vicina prese la chiave, aprì, fece entrare tantissime mosche, prese le parti migliori dell’agnello e se ne tornò a casa sua. Al ritorno Cicco e Cecca trovarono la casa piena di mosche e dell’agnello... quasi niente! Le mosche avevano mangiato l’agnello!!
“Vògghje gestìzzie” (voglio giustizia) disse Cicco e cosi andarono dal giudice: “Re mosque s’aùne mangiate u aine!” (le mosche hanno mangiato l’agnello) signor giudice, fammi giustizia e il giudice dette la sua sentenza: “Addà vide mòsque, dalle” (dovunque vedi le mosche dà botte). In quel momento una mosca si poso sulla testa pelata del giudice, Cicco con colpo secco del suo bastone l’uccise ma anche il giudice cadde a terra tramortito!