- “Grazzie a Ddì, levame la tavue...”
Poesie, racconti, canzoni popolari, filastrocche, motti, soprannomi.
C’era una volta “‘n pecurale” (un pecoraio) che tornava a casa, dalla masseria, ogni quindici giorni; “pertaie la quinecine, re robbe lorde e la dìa doppe se ne sciaie pe la metate e la prevviste de re pane” (portava la paga di quindici giorni, la roba sporca e il giorno dopo se ne andava con la biancheria pulita e la provvista del pane). Con gli amici, ogni volta si lamentava di tornare affamato, digiuno perché la moglie con i figli, appena erano a tavola, si alzava dicendo: “grazzi a Ddì, levame la tavue, senza mangià, me sende sazzie” (grazie a Dio, sparecchiamo, senza mangiare, mi sento sazia).
“Minghjarile!” (stupido!) gli disse un amico, e tu credi che loro non mangiano? Lo faranno di nascosto, la prossima volta vado io, dico che sei malato e vedi la lezione che dò a tua moglie!” Così fecero. Appena messisi tutti a tavola, la donna disse quelle parole e si alzò con i figli, l’uomo rispose: “naune, ghì tenghe fame (no, io ho farne) e rimase seduto a mangiare anzi, poiché tutti gli altri non avevano fame, mangiò tutto lui! Poi fece finta di dormire. La donna e i figli avevano fame e così misero a cucinare i maccheroni. L’uomo si avvicinò, “stame a cosce la creture pe Iavà re robbe” (stiamo a preparare la liscivia per fare il bucato) dissero: “nà, lave chisse” (tieni, lava questi) e buttò nella pentola “u fazzuètte chjne de muorve e le calzettìne lurde de terre” (il fazzoletto sporco di muco e i calzini sporchi di terra).
I maccheroni non erano più mangiabili! Pensarono di preparare “n pizzatiedde” (una piccola focaccia) e lo misero a cucinare “inde alla frascere, sotte alla cenìsce” (nel braciere, sotto la cenere calda). L’uomo vide tutto, così si sedette vicino al braciere e si mise “a disce ‘n fatte” (a dire un racconto) ripetendo spesso la frase “chesse è la terra màie e chesse è la terra tàue” (questa è la terra mia e questa è la terra tua) nel dire ciò faceva profondi segni nella cenere con il “palettine” (paletta da braciere) in modo da tagliuzzare “u pizzatiedde” poi tornò a far finta di dormire. Subito la donna e gli altri cercarono di trovare qualche pezzettino buono soffiando ripetutamente per togliere la cenere attaccata. L’uomo sentì e disse: “Madonna màie stasàire a mallitte, ma ce staune re gatte?!” (Madonna mia stasera maledetta, ma stanno i gatti?!), prese le sue scarpe e le tirò addosso ai malcapitati. Il giorno seguente l’uomo tornò vittorioso alla masseria.