Gli svevi
La morfologia della città, le sue peculiarità, l’economia, la flora e la fauna.

Enrico VI morì nel 1197 e gli successe il figlio Federico II, che mostrò alternativamente stima e diffidenza verso Bari. Nel 1215 infatti riconobbe la chiesa di S. Nicola come sua speciale cappella e le concesse una serie di privilegi. Nel 1233 ordinò la fortificazione del castello e ne curò il restauro e la custodia. Nel 1234 istituì a Bari una fiera e successivamente intraprese i lavori di costruzione del nuovo porto di S. Cataldo. Evidentemente l’imperatore riconosceva l’importanza commerciale della città, soprattutto nei traffici verso l’Oriente. Tuttavia lo storico Beatillo attesta di un epigramma ingiurioso che Federico avrebbe dedicato alla città, nel quale chiama i baresi “gente infida”.
Dopo la morte di Federico si avvicendarono Corrado I (1250-1254), Corradino (1254-1258) e Manfredi (1258-1266). Durante la dominazione sveva l’importanza mercantile di Bari fu grandissima e la città dovette essere rinomata per le sue ricchezze. Il poeta Cielo d’Alcamo, in un componimento del XIII secolo, allude alle ricchezze proverbiali di Bari come al non plus ultra dell’opulenza. Era evidentemente il risultato dei traffici che la città intratteneva con l’Oriente.
Appartiene a questo periodo la figura di Schiavo da Bari, mercante, giudice e poeta, nato e vissuto a Bari tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo. L’unica opera che di lui ci rimane è una raccolta di norme di comportamento per il figlio Silvestro. Si ratta di un’interessante fonte sulla vita e la mentalità della società barese dell’epoca. Schiavo esorta il figlio ad essere leale e cortese nel commercio e gli fornisce una serie di consigli e ammonimenti per i suoi viaggi di affari.