Spettacolo

A lezione di vita e felicità con Pupi Avati

Giovanni Boccuzzi
Aneddoti e narrazioni autobiografiche nella master class del regista bolognese
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«Oggi vorrei parlare di felicità», con queste parole il regista Pupi Avati introduce un’insolita master class, intrattenendo il pubblico del Bif&st con aneddoti e narrazioni autobiografiche.

«Il tema centrale della vita di ognuno di noi è come fare ad essere felici – afferma il regista bolognese – La felicità è il nostro ultimo pensiero prima di andare a dormire. Per quanto mi riguarda ogni sera preparo il discorso di ringraziamento per la vittoria del premio Oscar, ma non mi hanno ancora chiamato per ritirarlo».

Il racconto di Avati si sposta sui suoi anni giovanili quando era «un ragazzo di provincia degli anni ’50, non bello, non ricco e non simpatico, a cui piacevano tutte le donne belle. Per piacere alle ragazze – continua il regista – usai un travestimento: il jazz. Suonando il clarinetto entrai nell’orchestra di Bologna e iniziai a fare concerti in tutta Europa. Tutto andava bene finché non conobbi un tipo piccoletto di nome Lucio, anche lui clarinettista. Era un caso umano così gli diedi dei consigli. Passarono quattro o cinque mesi e me lo ritrovai nella mia stessa orchestra, a riscuotere applausi per i suoi incredibili assolo. Iniziai ad odiarlo al punto da meditare di buttarlo giù dalla Sagrada Familia di Barcellona. Attraverso il suo talento è riuscito a farmi fuori, a farmi rinunciare al sogno di suonare il clarinetto e di diventare un grande musicista. Avrete capito che si trattava di Lucio Dalla».

Una dedica speciale il regista la riserva alla moglie, compagna da 52 anni: «Grazie a lei ho scoperto la bellezza che ci può essere dentro una storia d’amore. Mia moglie – prosegue – è il mio hard disk, la depositaria di tutto quello che sono. Averla accanto ancora oggi mi ha fatto capire che a una certa età la felicità è non essere solo».

«Della vita mi rimangono i titoli di coda – confessa Pupi Avati – adesso sono nella fase di voler ritornare bambino, quando amavo il cinema dell’impossibile che mi ha ispirato a raccontare le favole dell’ambiente contadino emiliano dei miei primi film. Voglio tornare a raccontare quelle storie dove la figura del male era molto presente, così ho scritto un film e una serie tv su questo tema».

Il regista bolognese svela poi alcuni gustosi aneddoti su incontri professionali e scelte registiche: «Con Vittorio De Sica ebbi un incontro fuggevole, gli chiesi come faceva a ottenere il massimo dai suoi interpreti, anche dagli attori secondari. Lui mi rispose: “Amandoli!”».

Per il film La seconda notte di nozze, Avati propose al produttore di far esordire Katia Ricciarelli spiegandogli che «se era riuscita a sposare Pippo Baudo, allora potrà fare anche la parte della vedova nel film. Il primo giorno sul set la sua recitazione fu agghiacciante, poi le spiegai che recitare significa ascoltare. Dopo il terzo giorno di riprese era già perfetta, e grazie a quel film vinse il Nastro d’argento battendo la Buy e la Mezzogiorno».

Pupi Avati conclude la master class ricordando Federico Fellini, grazie al quale ha scelto di intraprendere questa professione: «Avevamo un rapporto di assoluta amicizia, tanto che avevamo pensato di produrre un suo piccolo film in segreto che gli avrebbe restituito il cinema delle sue prime pellicole».

mercoledì 26 Aprile 2017

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