Si inaugura sabato 30 settembre, alle 18 nel fortino Sant’Antonio, “Fratelli in Italia: i mille volti di chi è stato adottato dalla terra di Bari”, una mostra di scatti della fotografa barese Yvonne Cernò realizzata grazie alla collaborazione del Comune di Bari, dell’Università Aldo Moro, dell’associazione Ethnic Cook e della Fiaf.
Quarantacinque volti: occhi segnati dal tempo, sorrisi giovani, pelle scura e non. E ancora: gli abbracci delle mamme e occhi orientali che raccontano tradizioni che vengono da lontano. Sono i “Fratelli in Italia”: qui vivono e lavorano. Amano e combattono ogni giorno per far crescere la propria famiglia. Hanno una casa e di questa terra si sentono figli. Adottivi, sì, ma sempre e comunque figli. Yvonne Cernò racconta la loro storia nella sua mostra fotografica. La storia di questi sguardi che incroci nella città di Bari. La fotografa barese ha messo insieme cattolici e musulmani, atei e profani perché i fratelli non sono mai tutti uguali anche se crescono nella stessa famiglia.
«Ho pensato spesso alla meravigliosa avventura che le persone di diverse nazionalità e religione ci propongono, al confronto, alle uguaglianze e disuguaglianze che ci fanno crescere – spiega Yvonne Cernò – a quanto ci possa arricchire il pensare in modo diverso ed essere cresciuti in mondi lontani e all’aver avuto la fortuna e l’occasione di raccontarsi, un giorno. Questa mostra è dedicata a tutte le persone di origine diversa dalla nostra, provenienti da altre nazioni, ma ben radicate nel nostro territorio; è un voler dare il mio contributo, con la fotografia, alla loro causa, al volere credere che siamo tutti cittadini del mondo e possiamo diventare anche ‘Fratelli in Italia’. La mia è stata una bellissima esperienza: ho esplorato mondi diversi, ho conosciuto persone meravigliose, ho apprezzato tradizioni e costumi che non conoscevo, in tutta la loro originalità. Ringrazio, con tutto il mio cuore, coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo mio progetto».
Pio Tarantini, fotografo e saggista, commenta così l’esposizione: «Yvonne non ha voluto lavorare sui migranti appena arrivati, sulle situazioni di debolezza sociale e disperazione che caratterizzano gran parte del reportage sociale su un tema così scottante e drammatico. Ha scelto l’altra faccia della medaglia: quella in cui, con il loro integrarsi, i migranti non sono più stranieri ma diventano parte viva, attiva e positiva del nostro tessuto sociale. Le fotografie che ne sono scaturite e che sono state selezionate sono delle finestre aperte su persone e storie, su emozioni, riflessioni e speranze, e questo turbinio di sentimenti avviene attraverso il procedimento della “parte per il tutto” – nella linguistica è la figura retorica della sineddoche: si riprende un dettaglio, una parte di una persona, il viso e le sue espressioni, per cercare di mettere a fuoco la sua storia personale».
La mostra, a ingresso libero, resterà aperta fino al 12 ottobre.