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Consiglio generale Cisl: Fumarola, in Puglia 10 mila lavoratori a rischio

La Redazione
"Scenderemo in piazza perché la politica ha bisogno di una scossa". Lo ha detto il Segretario confederale, Andrea Cuccello, durante il Consiglio generale della Cisl Puglia che si è tenuto a Bari
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“Scenderemo in piazza perché la politica ha bisogno di una scossa”.

Lo ha detto il Segretario confederale, Andrea Cuccello, durante il Consiglio generale della Cisl Puglia che si è tenuto a Bari.

Un anno fa abbiamo iniziato una grandissima mobilitazione che portò Cgil, Cisl, Uil a coprire tutto il territorio nazionale con incontri e assemblee per sollecitare il Governo su tutta una serie di argomenti che partivano dal rilancio di un’economia che fosse votata alla crescita – ha aggiunto-. Non è avvenuto con il precedente Governo e dal nostro punto di vista non sta avvenendo nemmeno con questo. Per questo continua la mobilitazione con tre grandi momenti: il 10, il 12 e il 17, tutti in piazza Santi Apostoli a Roma”.

Poco prima, aprendo i lavori, la Segretaria generale della Cisl regionale, Daniela Fumarola aveva tracciato il quadro economico e sociale che riguarda la Puglia.

Se è il Paese è in sofferenza – ha osservato – al Sud la situazione è ancora più critica. In Puglia viviamo fortissime contraddizioni. Dalla Giunta arrivano segnali di grande soddisfazione, perché siamo i primi tra gli ultimi. Rappresentando delle persone noi non possiamo gioire di una ricchezza fragile, che viene distribuita in modo iniquo, attraverso i canali di un mercato del lavoro debole, frammentato, che dà segnali quasi esclusivamente nelle fasce dell’occupazione scarsamente qualificata. Non vogliamo arrenderci – ha aggiunto Fumarola – alle condizioni di reti materiali, logiche, sociali inadeguate, incomplete, vetuste, incapaci di dare un impulso alla mobilità, alle dinamiche della nuova economia digitale, ai bisogni impellenti di milioni di cittadini, tra cui tanti anziani e disabili, che non accedono ai più elementari diritti di cittadinanza. Noi siamo convinti che la Puglia meriti di più di un ‘posto salvezza’. Anche perché, quando si è al limite della classifica, basta un nulla per finire male. E allora, dati alla mano, si vede che il piano inclinato è proprio lì. Troppo vicino. E che la spinta decisiva, dopo i primi nove mesi dell’anno, potrebbe darla qualunque crisi. Una parola sola: ex Ilva. I numeri dello stabilimento di Taranto sono noti a tutti. Se la vertenza Arcelor Mittal dovesse andare male, la Puglia perderebbe quasi l’1,5 per cento del Pil considerato esclusivamente il fatturato netto della fabbrica. Un colpo mortale, a cui si aggiungerebbero gli effetti nefasti sull’indotto e ripercussioni su tutta la filiera dell’acciaio, a partire dall’automotive, cantieristica, elettrodomestici, opere pubbliche. Comparti che già sono in fibrillazione, o che – come il terziario– si attestano su una poco incoraggiante calma piatta. E poi ci sono quelli in preoccupante arretramento: commercio e agricoltura in testa. A livello regionale – ha sottolineato la sindacalista – contiamo ancora 47 mila occupati in meno rispetto i livelli pre-crisi, e centinaia di migliaia di ore lavorate in meno. Il lavoro è poco, e di qualità bassa e la maggior parte dei contratti sottoscritti, inoltre, è a termine. Allora, invece di abbandonarsi ad annunci trionfalistici, in Regione si dovrebbe comprendere che serve uno scatto nelle politiche di sviluppo. Bisogna operare sulla leva degli investimenti produttivi, dell’innovazione, di progetti pubblici che spezzino diseconomie, promuovano industrializzazione sostenibile, coniughino processi di crescita con il diritto alla salute e alla tutela ambientale. Questioni che abbiamo posto in un’agenda di fine legislatura alla Regione. Ottenendo un silenzio assordante come risposta. Ma possiamo far finta che la partita dell’ex Ilva si sia conclusa con la soddisfazione di tutti? Possiamo non vedere che la maggiore banca pugliese, la Popolare di Bari, vive momenti bui, e con essa i dipendenti e le possibilità di credito locale? Possiamo ritenere risolta la vergogna delle liste d’attesa in una regione che si definisce civile e moderna? Possiamo non vedere i 58 tavoli di crisi aperti presso la task force regionale con 10mila lavoratori a rischio? Il quadro delle vertenze è sconfortante. Oltre aIl’ex llva c’è la Bosch, che proprio nei giorni scorsi ha scioperato ottenendo una grandissima adesione. Poi c’è Om Carrelli, ci sono i precari dell’Arif, i ghetti a Foggia, Mercatone Uno, Auchan-Conad, i cantieri edili bloccati dalla burocrazia. Ci sono i Call Center per i cambi di appalto a Bari e Lecce, la Tessitura del Salento, il Gruppo Dema-Dcm-Dar, c’è l’intero tessuto sociale e produttivo della regione, decine di migliaia di posti di lavoro a cui dobbiamo dare certezze. Non accettiamo – ha aggiunto ancora Fumarola – che si faccia campagna elettorale sulla pelle viva dei lavoratori e delle lavoratrici. Si tratta di trovare soluzioni e risposte condivise e di costruire un campo largo di responsabilità che abbia come obiettivo la crescita, l’integrazione sociale ed economica, il lavoro e l’occupazione di qualità. Siamo ancora in tempo per farlo, come ci mostrano tanti altri esempi vincenti. Perché la Puglia non è solo criticità. Penso all’accordo conquistato in Natuzzi, con 100mila euro di Invitalia per finanziare investimenti in azienda. Penso alla ex Sangalli di Foggia, dove siamo riusciti a negoziare un bel rilancio. Penso, ancora, alla Nardò Technical Center dove la Porsche Engineering ha avviato un percorso di investimenti per la ristrutturazione di impianti (200 milioni entro il 2023). E poi alle tante eccellenze, all’artigianato, alle filiere high tech, a molte realtà dell’agroindustria, della chimica, della manifattura, che vantano ottime relazioni industriali, macinano export, redistribuiscono ricchezza e generano innovazione e occupazione. Un sistema flessibile, fatto anche da tante Pmi che sanno adeguarsi con velocità alle mutevoli condizioni del mercato anche grazie a contrattazione e una bilateralità sempre più adattive, partecipative e vicine alle persone. Tanti gli sforzi, che richiedono però un sostegno pubblico negli interventi volti a stimolare aggregazioni, migliorare i servizi, semplificare gli adempimenti. E poi c’è il sociale. Una sanità e una pubblica amministrazione dove scontiamo ritardi visibili a tutti, soprattutto agli anziani e ai lavoratori pubblici, che subiscono carichi massacranti, che da anni lavorano clamorosamente sotto organico, anche negli ospedali, nei pronto soccorso e in tante scuole. Qualcosa di vergognoso e inaccettabile” ha concluso Fumarola.

lunedì 9 Dicembre 2019

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