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Papa Francesco e la chiesa di Don Tonino: «Non si vive per se stessi ma per gli altri»

La Redazione
"Sarebbe bello che ci fosse un cartello in ogni chiesa di questa diocesi che dicesse una cosa così"
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L’emozione ha il colore bianco della papamobile, il suono flebile e accogliente della voce di Papa Francesco, quello acuto e gioioso della gente che non aspettava altro. Non aspettava, cioè, che il momento in cui il pontefice arrivasse a Molfetta per onorare la figura eroica di Don Tonino.

Un momento storico, unico. Atteso. In 40mila a viverlo da vicino. Gente di ogni età assiepata nella “zona rossa” sin dalle prime ore del mattino. La zona “rossa” diventa testa alta verso lo sguardo di Bergoglio e cuore che batte per il suo Don Tonino.

Atterrato in cala S.Andrea, ricevuto dal sindaco Tommaso Minervini e dal vescovo della diocesi di Molfetta Monsignor Cornacchia, il Santo Padre ha percorso a bordo della papamobile il rettilineo che l’ha condotto al palco allestito all’incrocio tra banchina Seminario, via San Domenico e corso Dante.

La prima lettura parla di Saul e del suo viaggio verso Damasco, la gente ascolta in modo partecipe e accorato. Canti e musica riscaldano ulteriormente l’animo già ben predisposto dei fedeli. Le parole del vangelo sono lo step successivo. La carne e il sangue di Gesù sono raccontati come le fonti della vita eterna. È il sacrificio dell’uomo comune eppure santo. Quelli come Don Tonino.

È qui che si pone la straordinaria omelia di Papa Francesco.

“Il pane è la parola, è il cibo essenziale per vivere. Gesù nel vangelo si offre a noi come il pane di vita. Usa espressioni forti. Mangiare la carne e bere il sangue significa che per la nostra vita è essenziale entrare in relazione vitale e personale con lui. L’eucaristia è questo: non un rito, ma comunione intima, concreta e sorprendente. Una comunione d’amore tanto reale che prende la forma del mangiare. La vita cristiana riparte da questa mensa, dove Dio ci sazia di amore. Senza di lui ogni sforzo della chiesa è vano, come ricordava don Tonino. Se manca la carità delle opere, l’amore da cui partono le opere, la sorgente, il punto di partenza che è l’eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandole di cose.

“Vivere per” è il contrassegno di chi mangia questo pane, il marchio di fabbrica di un cristiano. Sarebbe bello se nella diocesi di Don Tonino ci fosse un avviso letto da tutti, che dicesse che dopo la messa non si vive più per se stessi ma per gli altri. Don Tonino ha vissuto così, è stato vescovo servo, pastore fattosi popolo, che davanti al tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente. Sognava una chiesa affamata di Gesù e intollerante a ogni mondanità, che sa sporgere il corpo di Cristo nei tabernacoli scomodi della miseria, della sofferenza, della solitudine. L’eucaristia non sopporta la sedentarietà e senza alzarsi da tavola resta un sacramento incompiuto.

Don Tonino sosteneva che la pace non viene quando uno si prende solo il suo pane e va a mangiarselo per conto suo. La pace è qualcosa di più: è convivialità. È mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi, mettersi a tavola tra persone diverse, dove l’altro è un volto da scoprire, contemplare, accarezzare. I conflitti di tutte le guerre trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti. Noi, che condividiamo il pane di unità e pace, siamo chiamati ad amare ogni volto, a ricucire ogni strappo, a essere sempre e ovunque costruttori di pace.

Oltre al pane, la parola. Il vangelo riporta aspre discussioni sulle parole di Gesù. Sono considerate disfattiste. Così cadiamo nell’errore della gente paralizzata dal discutere sulle parole di Gesù, anziché essere pronta al cambiamento chiesto da lui. Il cambiamento non era per sedersi a parlare di ciò che va e non va. Don Tonino augurava di accogliere questa novità di vita, passando dalle parole ai fatti, esortava accuratamente chi non aveva il coraggio di cambiare, gli specialisti della perplessità, i contabili dei pro e dei contro, i calcolatori guardinghi fino allo spasimo prima di muoversi. A Gesù si risponde con il sì di tutta la vita. Non cerca le nostre riflessioni ma la nostra conversione.

Quante volte Don Tonino ripeteva “In piedi!”perché davanti al risorto non è lecito stare se non in piedi.

Cari fratelli e sorelle, ad ogni messa ci nutriamo del pane di vita e della parola che salva: viviamo ciò che celebriamo! Così, come don Tonino, Saremo sorgenti di speranza, di gioia e di pace”.

venerdì 20 Aprile 2018

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