Il 28 novembre 1977 veniva assassinato Benedetto Petrone.
A 40 anni dalla morte, chiamando a raccolta tutte e tutti gli antifascisti della città di Bari e della Puglia, il Coordinamento antifascista ha deciso di ricordarlo mettendo in campo una serie di iniziative il 28 e 29 novembre, contro il fascismo che ha ucciso Benedetto e contro tutti i fascismi che oggi avanzano ancora e che spetta a noi combattere.
«Il fascismo – sottolinea il coordinamento, composto da Zona Franka, Rete della Conoscenza Bari, Link Bari, Unione degli studenti Bari, Anpi Bari, Cgil Bari, Comitato 28 Novembre, Arci Bari, Act Bari, Libera – non è morto ed è presente nella nostre città: in forme diverse e rinnovate, avanza maggiormente nei quartieri più popolati e popolari ma anche nelle periferie, nei luoghi laddove la povertà, la disoccupazione, il tasso di dispersione scolastica hanno ricadute più incisive sugli abitanti, insieme alla forte presenza di gruppi legati alla criminalità organizzata. Il fascismo, oggi come ieri, alimenta l’odio verso chi è diverso, chi è più povero, chi cerca una casa o un lavoro come i migranti che scappano dalle guerre e dalle persecuzioni e giungono nel nostro paese».
«Gli ultimi dati Istat e Svimez ci fotografano un impoverimento precipitoso delle condizioni materiali di milioni di persone in tutto il paese, soprattutto al Sud e in Puglia. Secondo i dati Istat 2016 il tasso di disoccupazione giovanile a Bari e provincia si attesta al 46,3%, negli ultimi 10 anni il 20% dei giovani tra i 25-34 anni sono andati via senza far ritorno a Bari. Al Sud il 38,6% delle famiglie si trovano in stato di povertà relativa.
A Bari due ragazzi su 10 non portano a termine il percorso formativo delle scuole secondaria e la Puglia è tra le prime cinque regioni in Italia per tasso di abbandono scolastico. «Queste percentuali – commenta il Coordinamento –parlano di assenza di prospettive, di aspettative e sogni traditi, di bisogni inascoltati e sempre più diffusi. In questo scenario di crisi, rabbia e arretramento culturale, proliferano sui mass media – e non solo – messaggi di odio e violenza utili a distogliere il nostro sguardo dai veri carnefici del presente, presente che qualcuno vuole farci credere non si possa cambiare».
«Fare memoria storica, tutti e tutte insieme, può essere uno strumento di lotta e analisi del contesto che abitiamo, affinché il ricordo viva nelle nostre pratiche quotidiane: è necessario denunciare il filo nero che connette vecchi e nuovi fascismi, accomunati dalle stesse pratiche violente e maciste, dalla stessa comunicazione aggressiva e portatrice di odio».