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La Puglia mangiata dal cemento

La Redazione
Ogni anno 1.700 ettari si trasformano in infrastrutture, industrie, nuove abitazioni. Presentato a Milano lo studio del Politecnico di Bari
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Il suolo consumato ad oggi in Puglia si attesta tra l’8 e il 9% del suo territorio. Il dato nazionale medio è tra il 7-8%.

Dovrebbero far riflettere amministratori, imprenditori, politici e esponenti della cultura i numeri del rapporto realizzato dal Politecnico di Bari e presentato nei giorni scorsi a Milano.

I dati
Mediamente, nell’ultimo decennio, ogni anno, 1.700 ettari circa del territorio pugliese si trasformano in infrastrutture, industrie, nuove abitazioni. Ciò significa che la Puglia ogni 4 anni consuma un suolo pari alla estensione di una città come Bari.

Lo studio sul consumo di suolo ha suddiviso la Puglia in 11 contesti territoriali, da nord a sud: sub appenino Dauno, Gargano, Tavoliere, Valle dell’Ofanto, Terra di Bari, Alta Murgia, Area vasta Tarantina, Valle d’Itria e Costa degli ulivi monumentali, Area vasta di Brindisi, Piana salentina, Serre salentine.

Ogni contesto, e a volte anche i singoli comuni, mostrano loro specifiche peculiarità. In generale un maggior consumo di suolo si registra sulle aree costiere e nel contesto territoriale delle principali città. Contemporaneamente si assiste all’abbandono di edifici nei centri minori della Daunia e al consumo di suolo dovuto alle innumerevoli case per vacanza disseminate lungo la costa pugliese, dove, nel caso del comune di Porto Cesareo (Lecce), le seconde case rappresentano ben l’85% del costruito.

Dal secondo dopoguerra all’inizio del XXI secolo in Puglia la crescita per dispersione (caratterizzata cioè dalla comparsa di nuovi nuclei edificati) avrebbe interessato tre quarti del territorio regionale (più che in qualsiasi altra regione), rappresentando peraltro l’unica forma di crescita urbana – ad eccezione di una minima espansione dei nuclei esistenti e a fronte dell’assenza di fenomeni di saldatura, laddove nel resto della regione non si sarebbe registrato alcun cambiamento. Ciò ha costituito forme di urbanizzazione marcatamente dispersa. In ciò, sono riconoscibili almeno due sistemi territoriali in cui il fenomeno è più evidente: una vasta area fra la Puglia centrale e il Salento, che comprende l’intera Valle d’Itria e la parte della piana costiera fra Bari e Brindisi più prossima al capoluogo regionale e la fascia centro-occidentale del Salento.

Lo studio del Politecnico di Bari presenta la prima descrizione sistematica condotta nel territorio regionale sulle trasformazioni e sulle cause, le necessità e le criticità che hanno generato perdita o degrado dei suoli agricoli o naturali a cavallo tra il primo e il secondo decennio del nuovo millennio.

Il rapporto
Per la prima volta una regione italiana, la Puglia, ha prodotto, grazie agli studi condotti dal Politecnico di Bari, un rapporto regionale dedicato al suo territorio e al consumo di suolo. Tale studio, di rilevanza nazionale, ha suscitato vivo interesse in occasione della manifestazione di Milano, “Sol Day 2017”, tenutasi nei giorni scorsi nel Politecnico lombardo.

Nell’occasione sono stati presentati il rapporto 2017 sul consumo di suolo del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, il rapporto del Centro di ricerca sui consumi di suolo e il rapporto sulla Puglia curato dal Politecnico barese.

L’edizione 2017 del Rapporto sul consumo di suolo in Italia, ha fornito il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del nostro territorio, grazie alla cartografia aggiornata del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), che vede Ispra insieme alle agenzie per la protezione dell’ambiente delle regioni e delle province autonome, in un lavoro congiunto di monitoraggio svolto anche utilizzando le migliori informazioni che le nuove tecnologie sono in grado di offrire.

I commenti
«Nella nostra regione – dichiara Carmelo Maria Torre, docente del Politecnico di Bari e coordinatore della ricerca presentata in anteprima nazionale a Milano le cause del consumo di suolo sono fondamentalmente dovute a tre elementi di pressione diversa: l’infrastrutturazione, l’espansione residenziale, soprattutto dispersa, il fotovoltaico. Il consumo di suolo è comunque rallentato nel tempo, in linea con il dato nazionale, anche se il suolo consumato in Puglia (8,5% del totale) è leggermente al di sopra della media nazionale (7,5% del totale)».

«Il Rapporto sul Consumo di suolo in Puglia, nato dalla collaborazione del Politecnico di Bari con Il Crcs (il Centro di ricerca sui consumi di suolo costituito dal Politecnico di Milano, dall’Istituto nazionale di urbanistica-Inu e da Legambiente) – dice il rettore del Poliba, Eugenio Di Sciascio – è un esempio dell’attenzione del nostro ateneo ai temi innovativi ed emergenti oltre che della sensibilità rivolta ai temi della valutazione della sostenibilità ambientale dei processi di sviluppo urbano. Nel contempo, questo studio è anche frutto della capacità di cooperazione e della convergenza verso temi di interesse comune di istituzioni che a vario titolo sono state coinvolte nelle attività di elaborazione – insieme al Politecnico di Bari: la Regione Puglia, InnovaPuglia, il Politecnico di Milano ed enti di Ricerca e di alta cultura quali sono Inu e Ispra».

La ricerca è stata realizzata nell’ambito del progetto europeo Mito, coordinato per il Politecnico di Bari da Carmelo Maria Torre, con il supporto del ricercatore Alessandro Bonifazi. Il Rapporto sul consumo di suolo in Puglia del Politecnico di Bari è nato nell’ambito di un Progetto di Potenziamento finanziato con 1.250.000 euro dai fondi europei del Piano di adesione e coesione, per il rafforzamento delle strutture di ricerca. Il Progetto ha portato alla costituzione del Mito-Lab, un laboratorio dedicato al rilascio di Open data, e il Rapporto sul consumo di Suolo è il primo importante prodotto di ricerca del Laboratorio.

Il Laboratorio Mito-Lab del Poliba è uno dei laboratori della rete Mito-labs, che prevede analoghe strutture dedicate all’analisi territoriale (Mito è l’acronimo di Multimedia information for territorial objects) in quattro università della Campania (Federico II, Suor Orsola Benincasa, Università Vanvitelli e Università di Salerno), nell’Università di Palermo, e nella sede Siciliana di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), per una spesa totale di 10 milioni di euro.

Dopo Milano, lo studio completo sarà illustrato a Bari nel prossimo settembre.

venerdì 21 Luglio 2017

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